Il Cantico dei Cantici (Shir Ha-shirim)

di Massimiliano Puntin

Il Cantico dei Cantici è il quinto dei 5 libri poetici presenti nell’antico testamento. Gli altri 4 sono: Giobbe (già trattato), Salmi (già trattato), Proverbi (già trattato) ed Ecclesiaste. 

Ognuno di questi 5 libri si prefigge uno scopo, ovvero di insegnare qualcosa. 

  • Giobbe insegna a gestire la sofferenza 
  • Salmi insegna come pregare 
  • Proverbi insegna come agire / vivere 
  • ecclesiaste insegna a gestire la gioia 
  • cantico dei cantici insegna ad amare 

Il libro fu scritto in ebraico, e la sua composizione viene collocata non prima del 4 secolo. Viene attribuito a Re Salomone (come i libri dei Proverbi e dell’Ecclesiaste), ma più probabilmente è costituito dall’unione di più brani tratti da testi antecedenti non solo ebraici. 

Ricordiamo che Re Salomone è stato famoso per due peculiarità (che sembrano essere contrastanti): la saggezza e la grande passione per le donne, passione che lo porterà alla rovina, e porterà alla rovina l’intero regno. 

Il cantico è stato uno degli ultimi libri accolti nel canone della Bibbia, addirittura attorno all’anno 90 d.c. mediante il Sinodo di Yavne. 

Il sinodo di Yavne (o di Jamnia) è stata una (ipotetica) assemblea di rabbini ebrei farisei che tra l’altro avrebbe fissato, attorno al 95 d.c. il canone della Bibbia Ebraica, che costituisce l’Antico Testamento, rifiutando alcuni libri della versione greca dei settanta compresi in quelli che i cattolici chiamano Deuterocanonici (e che tuttora includono nelle loro versioni). 

Perchè ipotetica? Perchè questa ipotesi, che presuppone il concilio, è stata formulata per la prima volta dallo studioso Heinrich Graetz nel 1971. Teoria che ha avuto il consenso della maggior parte degli studiosi fino a circa gli anni 60. In seguito è stata rigettata da una piccola parte di studiosi. Tutta via ci sono molte prove che ne confermano la reale esistenza. 

Perchè questo libro, a prima vista semplice e molto breve (è composto da appena 117 versetti)  è stato uno degli ultimi ad essere accettato nel canone? Perchè in realtà è molto complesso… ma ci arriveremo. Andiamo per ordine: 

  • Il Libro 

Questo è un libro unico all’interno di tutta la Scrittura. E’ quello che oggi chiameremmo un MUSICAL. 

Il libro è un susseguirsi di personaggi (3 personaggi) che cantano assieme, in duetti o in assoli, e con momenti corali. 

E di cosa parla questo Musical? Parla di Amore! Ma non dell’amore per Dio, per l’umanità… concetti alti, sublimi di amore assoluto e generale. No, Il cantico dei Cantici parla dell’amore fra una donna ed un uomo, e poi di un terzo uomo. 

Parla di sentimenti? Sicuramente… ma non solo. Parla di amore appassionato, passionale, sensuale, anche erotico. Parla a tutto tondo del desiderio fra uomo e donna, dell’innamoramento. 

Ci sono tre personaggi: 

– Lei: Sulammita. Una donna bellissima, dalla pelle scurita dal lavoro al sole, figlia di persone semplici (proprietari di vigne) 

– Lui: Il nome non lo sappiamo. Viene chiamato “il mio amico”. Un giovane pecoraro, bellissimo come nessun’altro aglio occhi di Sulammita. 

– L’altro: Re Salomone. Invaghitosi della bella Sulammita vorrebbe farla sua. 

PROLOGO: LEGGERE 1:14 

PRIMO POEMA: 1:5 – 2:7. Sulammita si presenta. è molto bella e dalla pelle scura, ma solo perchè il lavoro al sole l’ha scurita. La sua famiglia la mise come guardiana della vigna, ma lei non la custodì. Ha un segreto nel suo cuore: un giovane pastore, “il suo amico”. Ne è innamorata, e prova per lui quella passione potente e briciante della giovinezza. Di lui desidera l’amore e la vicinanza. 

SECONDO POEMA: 2:8  3:5. Sulammita cerca il suo amore nel suo letto, la notte, ma lui non è li. Appare e scompare come una figura evanescente. Allora lei esce di casa e corre per la città in cerca del suo amore, lo desidera, e chiede aiuto alle figlie di Gerusalemme e alle guardie della città, ma nessuno può aiutarla.  

TERZO POEMA 3:6 – 5:1: Sulammita non riesce a trovare l’uomo che ama, ma colpo di scena. Arriva un nuovo personaggio: Re Salomone, con tutta la sua schiera si presenta da lei. Salomone l’ha veduta e se ne è invaghito talmente tanto da volerla come sua regina, la più bella di tutte le sue regine. Salomone la desidera ardentemente, e le propone di andare con lui. 

QUARTO POEMA 5:2 – 6:3: Il cuore di Sulammita, però, è già ricolmo di amore per “il suo amico”. E’ solo lui che desidera e che anela. Durante la notte scappa ancora per cercarlo. Il cuore di Sulammita si accende di desiderio. Immagina carezze e passione, ma tuttavia il suo amico fugge, forse spaventato dal potere del suo pretendete. Sulammita corre per la città. Torna a chiedere aiuto a tutti. Questa volta viene battuta dalle guardie. Non lo troverà. 

QUINTO POEMA 6:4 – 8:4: Salomone ritorna da lei, ancora una volta. Con maggiore fervore, con maggiore passione chiede la mano di Sulammita. Questa volta le parla con ardore sensuale, la desidera. Sulammita però capisce che il desiderio del re è solo per il suo corpo. 

PRIMA APPENDICE 8:5  – 8:7: Sulammita nel suo cuore ha deciso. Ha scelto “il suo amico”. Immagina di passare la notte con lui solo, soli nei campi, fino al mattino. 

FINALE: 8:8- 8:14: Sulammita rifiuta Salomone. Rifiuta il potere e la ricchezza e tutto quanto ne consegue, e sceglie il suo amico. 

Allora: per quale motivo è stato così difficile inserire questo libro nel canone? 

Per prima cosa, perché in tutti i suoi 117 versetti, il nome di Dio non viene MAI nominato. 

Secondo motivo? perché tratta temi semplici, ma resi estremamente difficili nel corso dei secoli: Parla della sessualità e della sensualità. Parla del desiderio, ed attenzione… parla di una donna che prova desiderio e fa di tutto per assecondarlo. Ricordiamo che la cultura ebrea (e successivamente cattolico/medioevale) era una cultura estremamente repressiva verso la figura femminile, rappresentata da una EVA non madre di tutto il genere umano (quindi anche nostra madre), ma generatrice del peccato, causa di tutti i mali dell’uomo. 

Sulammita è una giovane donna forte, sicura di sé, emancipata (per il suo tempo), conscia del suo desiderio e capace di accettarlo ed abbracciarlo appieno, capace di rinunciare ciò che l’uomo (addirittura il suo RE) aveva scelto per lei, e di scegliere autonomamente di rifiutare il volere chiesto (impostole) dagli uomini. 

Qualcosa di impensabile per molti uomini, per molti secoli. Da qualche parte, ancora oggi. 

E’ un libro che tratta la sensualità con naturalezza e con gioia, e non come forma di peccato o di male. 

E allora, perché gli uomini della sinagoga delle Chiese si sono spesso chiesti (ed alcuni lo fanno ancora), perché il cantico si trova nella Bibbia? La domanda non è stupida, giacché nei suoi versetti non c’è nessun accenno a nessun tema religioso. 

Il dibattito nasce molto prima. Torniamo al sinodo di Yavne. Li si posero la domanda. Dobbiamo inserirlo oppure no? 

Sarà il rabbino Aqiva, morto martire per opera di Roma nel 135 d.c. a rispondere: 

«In Israele nessuno ha mai contestato che il Cantico dei cantici sporca le mani, perché il mondo intero non vale il giorno in cui è stato dato a Israele il Cantico». 

Oggi, il testo ha un altissimo valore nell’ebraismo, essendo il cantico uno dei “Meghillot”, ovvero dei “rotoli” letti in occasione delle principali feste: il Cantico, proprio per la sua importanza, è assegnato alla Pasqua.  

Gli ebrei lo hanno interpretato in altra maniera: Nella Religione ebraica, per la santità del contesto e del suo significato simbolico, il testo viene paragonato al luogo più santo ed interno del Tempio di Gerusalemme, il Qodesh haQodashim: il Cantico dei Cantici infatti include metaforicamente tutta la Torah. Ciascuna verità espressa in questo è preziosissima e cara agli ebrei. 

Il Cantico dei Cantici è metafora del legame tra Dio ed il Popolo d’Israele. 

Molte comunità ebraiche usano recitarlo prima della Tefillah dello Shabbat. 

chiudo con una citazione di Enzo Bianchi. 

Perché «è vero che le immagini del Cantico sono sensuali, descrivono colloqui d’amore, esaltano i baci e gli amplessi sessuali, ma nella prospettiva fondamentale dell’Antico Testamento la sessualità, con le sue molteplici manifestazioni, è un beneficio, una cosa buona ed un dono del Signore, che va esercitata nell’ambito dell’economia dell’amore, laddove è autorizzato da Dio: in questo caso può essere segno di una realtà che la trascende, quella dell’amore di Dio, sposo geloso e amante vigoroso del suo popolo» 

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