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Schema
- “All’inizio”
A. Creazione dei cieli e della terra
B. I sei giorni: Dio dà ordine al caos - Che cos’è l’uomo?
A. “A immagine di Dio”
B. Dominio, libertà, responsabilità - Il peccato
A. La caduta
B. La maledizione - Preparazione per il Salvatore
A. Il diluvio e un nuovo inizio
B. Babele e orgoglio umano
C. Abramo , padre dell’uomo fedele
D. Isacco, figlio della promessa
E. Giacobbe, principe di Dio
F. Giuseppe, strumento della Provvidenza
G. Giuda, padre dei capi d’Israele e capostipite del Re messianico
CONCLUSIONE: Da Shiloh a Maranathà
Introduzione
Dal principio alla preparazione di un Salvatore: questo è l’arco narrativo, la storia e lo scopo del libro della Genesi, il primo libro che troviamo nella Bibbia. In apertura al testo troviamo una parola ebraica, ovvero “bereshith” che rimanda al principio, davanti al quale esiste solamente l’eterno Jehovah, in un esistenza priva di tempo. Se saltiamo avanti ed andiamo alla scena conclusiva di questo drammatico racconto, si può intravedere il futuro mediante una profezia: la venuta dell’eterno Figlio di Dio, nel quale c’è il “riposo”.
Lo scettro non deve allontanarsi da Giuda….fino a quando non verrà ‘Shiloh’” (Gen.49:10)
Questo è l’arco temporale che viene affrontato nella Genesi: dal principio, l’attimo, l’istante prima della Creazione, fino alla preparazione dell’arrivo del Salvatore. Ora, alla luce di questo lunghissimo arco temporale, una volta conclusa la lettura di questo primo libro contenuto nella Bibbia, non possiamo non rimanere stupefatti dalla sua completezza, nonostante la sua brevità. Una completezza che parla di una rivelazione, di una guida divina. Infatti, nonostante questo libro sia stato scritto secoli, millenni prima del compimento della storia che verrà, ogni evento presente al suo interno è stato finemente selezionato non solo per dare un resoconto storico degli eventi, ma per la sua precisa importanza nello svolgimento del disegno eterno di Dio sulla redenzione. Un perfetto mosaico in cui vengono posti i primi e fondamentali tasselli. Questa lezione si occuperà solo di scoprire ed illustrare la storia della redenzione sviluppata nella Genesi.
“In principio”
Con una sola parola ebraica, lo scrittore della Genesi rivela ciò che la mente umana intuisce, ma che non potrà mai consolidare o comprendere: l’universo, la materia, non è eterna. Ha avuto un inizio. Questo è ciò che la mente percepisce dalla natura stessa della materia. Un tempo passato infinito semplicemente non si adatta alla natura delle cose.
Louis Pasteur ha espresso in modo eloquente la convinzione scientifica che questi sono gli unici percorsi possibili: “Credetemi, di fronte a questi problemi, a questi eterni soggetti delle meditazioni solitarie degli uomini, ci sono solo due atteggiamenti mentali: quello creato dalla fede, la fiducia in una soluzione data dalla rivelazione divina; e quello di tormentare l’anima con la ricerca di spiegazioni impossibili” (1).
“In principio Dio creò”. Così, con un solo tratto di penna, la Genesi solleva il lettore dalla confusione delle primitive affermazioni politeistiche da un lato e dalla tormentosa ignoranza delle negazioni razionalistiche dall’altro. Per ispirazione, il concetto di tutto l’universo appare come atto creativo di Dio. Ecco un principio che dà unità all’intero universo. È un principio che la scienza non potrà mai scoprire. La scienza può occuparsi delle cause secondarie e può spiegare come la creazione operi nel suo corso normale.
Questa semplice informazione continua a soddisfare sia la fede di chi non ha studiato, sia le esigenti richieste di fede di chi è altamente qualificato. Commentando il racconto della Genesi sulla creazione, W. F. Albright, decano degli archeologi del mondo, ha osservato che la sequenza delle fasi creative è “così razionale che la scienza moderna non può migliorarla, se le si dà lo stesso linguaggio e la stessa gamma di idee in cui esprimere le sue conclusioni. In effetti, le moderne cosmologie scientifiche mostrano una così sconcertante tendenza a essere di breve durata che si può seriamente dubitare che la scienza abbia ancora raggiunto la storia biblica” (2).
Che cos’è l’uomo?
“A immagine di Dio”
Se l’universo e tutto ciò che esso contiene esiste perché Dio li ha creati, allora ci troviamo faccia a faccia con la solenne consapevolezza che l’uomo stesso è in relazione con il suo Creatore. Questa convinzione è inevitabile, se è vero che Dio ha creato tutte le cose. Quando Daniel Webster fu invitato a dire il pensiero più profondo che avesse mai avuto, rispose che era l’idea riguardante il fatto che per ogni suo pensiero, parola ed azione egli doveva rendere conto a Dio. Così, sia che la mente dell’uomo contempli l’inizio assoluto o la fine assoluta dell’universo, si trova faccia a faccia con Dio. Non può scappare. Qual’è il significato di questo? Riflettendo su questo, l’uomo si ritrova a “lottare per la propria vita”.
Perché? Che cos’è l’uomo?
Ancora una volta la Genesi fornisce la risposta:
“E YHWH Dio formò l’uomo dalla polvere del suolo e soffiò nelle sue narici il respiro della vita; e l’uomo divenne un’anima vivente” (Genesi 2:7).
“Nel giorno che Dio creò l’uomo, lo fece a somiglianza di Dio” (Genesi 5:1).
Che grande concezione dell’uomo!: “a somiglianza di Dio”. Ecco preannunciate sia la realtà che le potenzialità dell’uomo. Dalla creazione l’uomo è come Dio, porta l’immagine di Dio. Vale a dire, l’uomo, poiché è uno spirito vivente, è dello stesso “tipo” di Dio, che è, anch’Egli, Spirito (Giovanni 4:24). Pertanto, poiché l’uomo è in realtà come Dio, sia Dio che uomo desiderano l’amicizia l’uno con l’altro: Dio come Padre spirituale e l’uomo come figlio spirituale. ”Tu ci hai creati per te stesso e le nostre anime irrequiete non possono trovare riposo fino a quando non riposano in Te.” A causa di questa parentela l’uomo è potenzialmente simile a Dio, alla sua natura o al suo carattere.
L’Apostolo Pietro espresse questo pensiero così:
“Voi diventaste partecipi della natura divina dopo essere sfuggiti alla corruzione che è nel mondo a causa della concupiscenza” (2 Pietro 1:4).
Gesù lo disse con altre parole: “Voi dunque siate perfetti, come è perfetto il Padre vostro celeste” (Matteo 5:48).
Dominio, libertà, responsabilità
In realtà l’uomo è come Dio, uno spirito vivente. Potenzialmente l’uomo può diventare come Dio, quando è “partecipe della natura divina”. Davanti a Dio, l’uomo è responsabile per ciò che è; ma l’uomo è anche reso libero rispetto a ciò che può diventare (nel bene o nel male). Pertanto, l’uomo è responsabile sotto l’assoluta sovranità di Dio, ma anche è libero sotto l’assoluta grazia di Dio. Solo la sovranità assoluta può applicare la grazia assoluta e quindi creare una relazione che coinvolge allo stesso tempo, sia la responsabilità assoluta che la libertà assoluta (dell’uomo). D’altra parte, solo la sovranità assoluta può esercitare la grazia assoluta in modo da lasciare all’uomo la libertà assoluta e allo stesso tempo stabilire la sua responsabilità assoluta. Mettere in dubbio la responsabilità (come autorità) dell’uomo significa, in definitiva, mettere in dubbio la sovranità di Dio; mettere in dubbio la libertà dell’uomo significa non tener conto della grazia di Dio. La presenza della responsabilità e della libertà nell’uomo non è più paradossale di quanto lo sia la presenza della sovranità e della grazia in Dio. Quindi, l’obbedienza non nega, nell’uomo, la grazia di Dio più di quanto la libertà nell’uomo neghi la sovranità di Dio. Davvero, che grande creatura è l’uomo! Che sfida nobilitante è la libertà! Che umiliante realizzazione, la sua responsabilità! Che grande motivazione ed equilibrio per ambedue, la sovranità e la grazia di Dio!
Il peccato
La caduta
La più grande tragedia dei tempi è scritta nella più grande storia dell’umanità: la libera iniziativa morale sotto la sovranità e la grazia di Dio. La stessa libertà che ha contraddistinto l’uomo come unica tra le creature di Dio è diventata il terreno da cui è scaturito il peccato, nemico di Dio e flagello dell’umanità.
La maledizione
Quando Adamo peccò, fu cacciato dall’Eden e separato dall’”Albero della vita”. Di conseguenza divenne soggetto alla morte, così come tutti i suoi discendenti.Dopo la caduta, il corpo di Adamo non era più mortale di prima; era semplicemente separato dalla fonte dell’immortalità. Tale è la condizione di tutti gli uomini fino a quando non gli sarà concesso di nuovo il diritto all’albero della vita e potrà entrare “nella città”, nella terra promessa.
Questa dichiarazione sull’origine del peccato è ben lontana dal descrivere ciò che molti vi hanno “letto”. Per esempio, un documento commenta come segue: “Con questa affermazione (riguardante il mangiare il frutto proibito) essi (i nostri primi genitori) caddero dalla loro originaria rettitudine nella comunione con Dio, e così divennero morti nel peccato, e completamente contaminati in tutte le strutture dell’anima e del corpo. Essendo essi la radice di tutta l’umanità, la colpa di questo peccato fu trasmessa e la stessa morte nel peccato e la stessa natura corrotta furono trasmesse a tutta la loro discendenza per generazione ordinaria. Da questa corruzione originaria, per la quale siamo totalmente indisposti, resi invalidi e contrari a ogni bene e totalmente inclini a ogni male, procedono tutte le trasgressioni attuali” (Confessione di fede presbiteriana).
Se, come afferma questa citazione, tutte le trasgressioni attuali procedono da questa corruzione originale, come possiamo spiegare la trasgressione di Adamo prima della caduta? Il peccato di Adamo fu un atto di libera scelta. Qualunque sia stato il suo peccato in seguito, anche quello è stato una libera scelta. Allo stesso modo, i suoi discendenti sono stati lasciati liberi, non soggetti a una colpa e a una schiavitù ereditate.
In Ezechiele la verità sul peccato è espressa come segue:
“La persona che pecca è quella che morirà, il figlio non pagherà per l’iniquità del padre, e il padre non pagherà per l’iniquità del figlio; la giustizia del giusto sarà sul giusto, l’empietà dell’empio sarà sull’empio” (Ezechiele 18:20).
Padre e figlio porteranno ciascuno la colpa del proprio peccato, non quella dell’altro. In questo modo il profeta può continuare il suo discorso mostrando che il malvagio può allontanarsi dalla sua malvagità.
“Io provo forse piacere se l’empio muore? dice DIO, il Signore. Non ne provo piuttosto quando egli si converte dalle sue vie e vive?” (Ezechiele 18:23).
Inoltre, il giusto può allontanarsi dalla sua giustizia con il risultato che
“si è abbandonato all’iniquità e al peccato; per tutto questo morirà” (vers. 24).
La libertà e la responsabilità individuale rispetto al peccato non potrebbero essere espresse in modo più chiaro.
Le parole di Gesù su questo argomento sono conclusive. Quando egli disse: “Conoscerete la verità e la verità ti renderà liberi”, i Suoi ascoltatori replicarono: “Noi siamo discendenti d’Abramo, e non siamo mai stati schiavi di nessuno.” Gesù spiegò quindi che la schiavitù di cui parlava non era quella fisica: “chi commette il peccato è schiavo del peccato” (Giovanni 8: 32-34). La schiavitù del peccato è quella personale, non quella ereditata. Quando viene commesso il peccato, ne deriva una schiavitù e non viceversa.
Anche la libertà dal peccato è personale. Si noti la dichiarazione di Paolo a questo proposito:
“Ma sia ringraziato Dio perché eravate schiavi del peccato ma avete ubbidito di cuore a quella forma d’insegnamento che vi è stata trasmessa; e, liberati dal peccato, siete diventati servi della giustizia” (Romani 6:17-18).
Mentre la colpa del peccato non è stata trasmessa da Adamo ai suoi discendenti, è chiaro che invece, questo sia accaduto con la morte. L’immortalità che Adamo aveva prima della caduta, si realizzò fino a quando aveva accesso all’Albero della Vita, ma dopo l’accesso fu negato e la morte passò di generazione in generazione a tutti gli uomini (Romani 5:12). Tuttavia, in Cristo questo è stato completamente superato:
“Poiché, come tutti muoiono in Adamo, così anche in Cristo saranno tutti vivificati” (1 Corinzi 15:22).
Ciò che è stato perso incondizionatamente in Adamo viene recuperato incondizionatamente in Cristo. Nella risurrezione, ogni persona che è morta sarà liberata dalla morte. Non ci saranno eccezioni. Ma una volta risuscitati per presentarsi davanti al giudizio di Dio, nessuno sarà giudicato per la trasgressione di Adamo.
“Noi tutti infatti dobbiamo comparire davanti al tribunale di Cristo, affinché ciascuno riceva la retribuzione di ciò che ha fatto quando era nel corpo, sia in bene sia in male” (2 Corinzi 5:10).
Parte 4: “Preparazione alla venuta del Salvatore”
Dopo aver preparato la scena dell’eterno conflitto tra Dio e il Male, il resto della Genesi rivela le prime tappe del compimento del proposito di Dio. Poiché l’uomo gli appartiene sia per creazione che per somiglianza spirituale, Dio non era disposto ad abbandonare l’uomo quando il peccato lo catturò. Fin da subito fu data la prima indicazione di redenzione, ovvero con l’assunzione che ” il seme della donna” avrebbe schiacciato la testa di Satana (Genesi 3:15). L’adempimento di questa promessa è espresso da Paolo:
“Ma quando giunse la pienezza dei tempi, Dio mandò suo Figlio, nato da donna . . ., affinché potessimo ricevere l’adozione dei figli” (Galati 4:4- 5).
Il diluvio e un nuovo inizio
Anche quando l’intera famiglia umana si era corrotta a causa del peccato, Dio preparò un seme giusto in Noè
Babele e orgoglio umano
Quando l’orgoglio umano minacciava di fare dell’uomo stesso il proprio Dio, e della realizzazione umana il bene supremo, Dio confuse le lingue, rendendo possibile la separazione e la conservazione di una nazione messianica.
Abramo , padre del fedele
Nell’antica Ur dei Caldei nacque l’uomo di Dio, Abramo. Con suo padre e suo nipote Abramo si trasferì a nord di Harran, dove il Signore gli apparve ancora una volta e gli disse:
“Il SIGNORE disse ad Abramo: «Va’ via dal tuo paese, dai tuoi parenti e dalla casa di tuo padre, e va’ nel paese che io ti mostrerò; io farò di te una grande nazione, ti benedirò e renderò grande il tuo nome e tu sarai fonte di benedizione. Benedirò quelli che ti benediranno e maledirò chi ti maledirà, e in te saranno benedette tutte le famiglie della terra»” (Genesi 12:1-3).
In questa meravigliosa promessa ad Abramo ci sono quattro elementi: una nazione per realizzare la promessa, una terra dove abitare, un Dio da benedire e un salvatore in arrivo per tutte le nazioni. Questa promessa è alla base di ogni sviluppo significativo nel resto della Genesi. La promessa è sempre ripetuta in termini di fede di Abramo, e mai in base a condizioni ottenute da altri. Per riaffermare questa promessa, Dio concesse ad Abram il patto di circoncisione, dicendo:
“Sarete circoncisi; questo sarà un segno del patto fra me e voi” (Genesi 17:11).
Isacco, figlio della promessa
Il nome di Abramo fu cambiato in Abramo e la scena era ormai pronta per il “figlio della promessa”, Isacco. Un’altra riaffermazione della promessa seguì la fedele obbedienza di Abramo nell’offrire Isacco sull’altare. Lo scrittore di Ebrei lo definisce un atto di fede che si esprime nell’obbedienza (Ebrei 11:17), mentre Giacomo lo chiama come una “fede che agisce insieme alle opere e che attraverso le opere la fede è resa completa” (Giacomo 2: 21-24). Dio ha fatto dell’evento l’occasione per confermare la promessa in modo inedito::
“«Io giuro per me stesso, dice il SIGNORE, che, siccome tu hai fatto questo e non mi hai rifiutato tuo figlio, l’unico tuo, io ti colmerò di benedizioni e moltiplicherò la tua discendenza come le stelle del cielo e come la sabbia che è sul lido del mare; e la tua discendenza s’impadronirà delle città dei suoi nemici. Tutte le nazioni della terra saranno benedette nella tua discendenza, perché tu hai ubbidito alla mia voce»” (Genesi 22: 16-18).
Alla promessa di Dio si aggiunge quindi il giuramento di Dio: due “cose immutabili” che garantiscono il compimento del proposito di Dio.
A Gerar Dio apparve a Isacco e ripeté che in lui stava cominciando ad adempiersi la promessa: “Il SIGNORE gli apparve (ad Isacco) e gli disse:
«Non scendere in Egitto; abita nel paese che io ti dirò. Soggiorna in questo paese e io sarò con te e ti benedirò, perché io darò a te e alla tua discendenza tutti questi paesi e manterrò il giuramento che feci ad Abraamo tuo padre. Moltiplicherò la tua discendenza come le stelle del cielo e darò alla tua discendenza tutti questi paesi; tutte le nazioni della terra saranno benedette nella tua discendenza, perché Abraamo ubbidì alla mia voce e osservò quello che gli avevo ordinato: i miei comandamenti, i miei statuti e le mie leggi»” (Genesi 26:2-5).
Giacobbe, principe di Dio
Quando Giacobbe fu pronto per partire da casa, Isacco lo chiamò e gli disse: “Dio onnipotente ti benedica . . . e ti dia la benedizione di Abramo. . .” (Genesi 28:3-4). YHWH apparve a Giacobbe a Bethel e ripeté ogni particolare della promessa fatta ad Abramo:
“Il SIGNORE stava al di sopra di essa e gli disse: «Io sono il SIGNORE, il Dio d’Abraamo tuo padre e il Dio d’Isacco. La terra sulla quale tu stai coricato, io la darò a te e alla tua discendenza. La tua discendenza sarà come la polvere della terra e tu ti estenderai a occidente e a oriente, a settentrione e a meridione, e tutte le famiglie della terra saranno benedette in te e nella tua discendenza. Io sono con te, e ti proteggerò dovunque tu andrai e ti ricondurrò in questo paese, perché io non ti abbandonerò prima di aver fatto quello che ti ho detto»” (Genesi 28:13-15).
“Poiché non ti lascerò, finché non avrò fatto ciò di cui ti ho parlato” (vers. 15).
La promessa era stata ora garantita a ciascuno dei “padri” e lo scrittore di Ebrei scrisse: “Per fede (Abramo) soggiornò nella terra promessa…. con Isacco e Giacobbe, eredi con lui della stessa promessa” (Ebrei 11:9). Il resto della Genesi è un resoconto del compimento della prima fase della promessa: “una grande nazione”. I 12 figli di Giacobbe divennero capi delle 12 tribù di Israele.
Giuseppe, strumento della Provvidenza
Con un esempio straordinario di Provvidenza, Giuseppe fu mandato in Egitto per preparare la strada a Giacobbe e alla sua famiglia. Dio trasformò il favoritismo dei genitori, la gelosia dei fratelli, la carestia internazionale, l’inganno femminile, l’ingiusta prigionia, il potere reale e il dolore paterno in un rifugio sicuro e bello per il piccolo gruppo di 75 anime che si sarebbe moltiplicato in una potente nazione. Sebbene Giuseppe fosse inizialmente amareggiato, come testimoniano i nomi dei suoi figli , Manasse (Genesi 41:51), comprese che
“Dio lo aveva mandato in Egitto prima dei suoi fratelli per conservarli in vita” (Genesi 45:5).
Egli conforta i suoi fratelli, dicendo:
“Non siete dunque voi che mi avete mandato qui, ma è Dio” (vers. 8) e “Voi avevate pensato del male contro di me, ma Dio ha pensato di convertirlo in bene per compiere quello che oggi avviene: per conservare in vita un popolo numeroso” (Genesi 50:20).
Così nacque una nazione.
Giuda, padre dei re e del re
La promessa della “terra” trovò il suo compimento a Canaan, quando Mosè, Giosuè e altri guidarono la rotta delle nazioni malvagie. Giosuè ricordò a Israele che Dio aveva adempiuto alla sua promessa di dare loro una buona terra (Giosuè 23:14 e 24:13).
La promessa del “seme”, ovvero del salvatore, che era stata data ad Abramo, Isacco e Giacobbe, trova la sua espressione finale nella Genesi, quando Giacobbe la passa a Giuda:
“Lo scettro non sarà rimosso da Giuda, né sarà allontanato il bastone del comando dai suoi piedi, finché venga Shiloh, colui al quale esso appartiene e a cui ubbidiranno i popoli” (Genesi 49:10).
Ecco l’assicurazione di Dio che attraverso Giuda sarebbe sorto il “riposo” del mondo, un Salvatore e un Redentore.
Paolo rivelò che ciò si adempì in Cristo (Galati 3:16), che a tutt’oggi offre la pace a tutte le nazioni – come afferma Matteo 12:50: “Poiché chiunque (nessuno escluso) avrà fatto la volontà del Padre mio, che è nei cieli, mi è fratello e sorella e madre”. Paolo stesso ha riassunto questa meravigliosa promessa e il suo adempimento per tutte le nazioni con queste parole:
“. . . perché siete tutti figli di Dio per la fede in Cristo Gesù. Infatti voi tutti che siete stati battezzati in Cristo vi siete rivestiti di Cristo. Non c’è qui né Giudeo né Greco; non c’è né schiavo né libero; non c’è né maschio né femmina; perché voi tutti siete uno in Cristo Gesù. Se siete di Cristo, siete dunque discendenza d’Abraamo, eredi secondo la promessa” (Galati 3:26-29).
Parte 5: “Da Shiloh a Maranathà”
Conclusione
Il percorso della Genesi va quindi dall’inizio alla preparazione di un Salvatore. Si spinge all’indietro con la rivelazione e fa conoscere l’origine dell’universo, dell’uomo e del peccato. Guarda al futuro e preannuncia la venuta del “seme promesso”, il Salvatore e preannuncia la venuta del Salvatore – Shiloh.
Una tale visione della promessa di Dio, dalla creazione al Salvatore, riempie il cuore di fiducia nella certezza che la promessa di Dio sul ritorno del Salvatore è altrettanto certa. Come la profezia ha abbracciato l’arco di tempo dalla creazione al Salvatore, la fede abbraccia l’arco di tempo dal Salvatore fino alla fine dei tempi, alla Sua venuta – da Shiloh a Maranatha:
“Colui che attesta queste cose, dice: «Sì, vengo presto!» Amen! Vieni, Signore Gesù!” (Apocalisse 22:20).
Note
1. Pasteur, in l. Descours: Pasteur e la sua opera. Ing. tr. Londra, 1922, pag. 206
2. H. C. Allevran e E. E. Flach, “L’Antico Testamento e l’Archeologia” nel Commentario del Vecchio Testamento, Filadelfia 1948, pag. 135.
Domande per la discussione
- Perché è logicamente essenziale porre un limite al passato?
- Qual è la difficoltà che comporta un tale limite?
- Quali sono i due atteggiamenti possibili?
- Cos’è l’uomo nella realtà e nella potenzialità?
- In che modo la libertà umana e la responsabilità umana sono collegate alla sovranità divina nella grazia divina?
- Quali sono gli elementi della promessa di Abramo?
- Traccia l’adempimento della promessa nella Genesi
- In che modo la Genesi anticipa l’intero arco del tempo precristiano?
Massimiliano Puntin
commento di prova