12 – Il periodo post-esilio, 536–400 a.C.

Dal ritorno sotto Zorobabel al completamento del canone veterotestamentario

Il ritorno dalla cattività babilonese è stato predetto tanto distintamente quanto la cattività stessa, e il ritorno è di solito collegato alla caduta di Babilonia (vedete Isaia 13; 14; Geremia 25:12; 50; 51; ecc.; Daniele 9:1, 2). Si può notare che Geremia profetizza che la durata della cattività sarà di 70 anni. Questo ritorno di una nazione deportata è un evento unico, non esiste infatti nessun’altra cosa simile nella storia. Si distinguono nel ritorno 3 periodi:

1. Il ritorno sotto Zorobabel (536 a.C.)

(Daniele 9; Ezra 1–6).
Daniele sa dalle profezie che sono passati i settant’anni di cattività e prega con fervore a Dio per il suo popolo. Ciro il Grande, conquistatore di Babilonia e fondatore dell’Impero persiano, forse influenzato da Daniele, emana un decreto che permette ai giudei di ritornare in Palestina.

Zorobabel, un principe di stirpe reale, capeggia il primo gruppo di 50.000 persone. Riportano i recipienti del tempio, che Nebukadnetsar aveva portato via. Erigono immediatamente un altare sopra il luogo dell’antico tempio, e presto posano le fondamenta del secondo fra le acclamazioni dei giovani e le lacrime degli anziani che avevano visto gli splendori del primo tempio.

I samaritani chiedono il permesso di unirsi al lavoro. Temendo gli effetti di una razza e di una religione mista, Zorobabel rifiuta. Allora i samaritani usano la loro influenza presso la corte persiana per fermare i lavori e per sedici anni tutto rimane fermo. Finalmente, sotto l’ispirazione dei profeti Aggeo e Zaccaria, il lavoro viene completato, non senza continui disturbi da parte dei samaritani. Da allora fino ai giorni di Cristo, persisterà l’amara inimicizia fra i giudei e i samaritani.


2. La storia della regina Ester

(Ester 1–10).
Ad un certo punto, fra il primo e il secondo ritorno, hanno luogo gli avvenimenti narrati nel libro di Ester.

Assuero, il Serse della storia greca e persiana, è scontento della regina Vashti e divorzia da lei. Sposa Ester, una bella e giovane giudea, senza conoscere la sua nazionalità.

Haman, un cortigiano persiano, inorgoglito da qualche nuova promozione, si sente irritato da Mordecai il giudeo, zio di Ester, perché egli non si inchina davanti a lui. Progetta così di sterminare tutti i giudei in tutto l’impero.

Assuero inconsapevolmente acconsente al decreto. Ester, rischiando la propria vita, si presenta eroicamente davanti al re, senza essere stata chiamata, per intercedere per il suo popolo. La sua richiesta è esaudita e Haman è appeso alla forca che aveva preparato per Mordecai.


3. Il ritorno e la riforma sotto Ezra (485 a.C.)

(Ezra 7–10).
Circa 80 anni dopo il ritorno di Zorobabel, Ezra, un sacerdote ebraico, guida un piccolo gruppo, di circa 7.000 persone, di ritorno a Gerusalemme.

A quell’epoca la maggior parte dei collaboratori di Zorobabel dovevano essere già morti. Ezra è addolorato nel constatare che ci sono matrimoni misti fra giudei e samaritani, in contrasto con la legge di Mosè. Egli riforma gli abusi e cura una stesura degli scritti del Vecchio Testamento. Probabilmente in questo periodo sono state istituite le sinagoghe allo scopo di promuovere l’istruzione delle Scritture.


4. Il ritorno di Neemia (445 a.C.)

(Neemia 1–13).
La storia di Ester dimostra che la maggioranza dei giudei non erano tornati e che tanti erano rimasti sparsi per tutto l’impero. Fra questi giudei dispersi c’è Neemia. Egli ha l’onorato incarico di coppiere del re Artaserse.

Da un gruppo di giudei, arrivati da poco a Susa, egli sente in che stato desolato e senza difesa versa Gerusalemme. Chiede permesso al re di andare a Gerusalemme e ricostruire le sue mura. Munito dell’incarico da parte del re come governatore della provincia, va in Giudea. Nonostante le minacce ed i disturbi dei samaritani, porta avanti i lavori con un tale vigore e coraggio che in 52 giorni le mura vengono completate, anche se gli uomini hanno dovuto lavorare con una mano e tenere nell’altra un arma. Per 12 anni Neemia rimane come governatore dei giudei e, per alleggerire il peso del popolo impoverito, generosamente mantiene la sua corte ufficiale con i propri fondi. Poi ritorna in Persia ma più tardi visita nuovamente Gerusalemme, correggendo i matrimoni misti, le violazioni del sabato e altri abusi che erano stati introdotti.

5. L’ultimo profeta e la conclusione del Vecchio Testamento

All’epoca di Neemia, o poco dopo, risuona l’ultima nota di profezia per bocca di Malachia. Egli rimprovera i sacerdoti per aver violato il patto matrimoniale e il popolo per la loro formalità nella religione, quindi giustamente chiude il canone veterotestamentario con la profezia di “Elia il profeta”, messaggero del Messia, il Giovanni Battista del Nuovo Testamento.


6. Una pausa nella storia sacra

Così si conclude il volume della storia del Vecchio Testamento. Per 400 anni non si sente più la voce della profezia. Il popolo prescelto vive di nuovo nella terra promessa, ma solo come un frammento di vasti imperi. Ha cessato di esistere come nazione indipendente.

Continua, per 500 anni ancora, una vita politica turbolenta, assoggettato di volta in volta ai persiani, ai macedoni e ai romani, con un breve barlume di nazionalità sotto i Maccabei.

Ma la perdita dell’indipendenza politica serve solo a intensificare la sua particolarità di nazione. Qualunque siano gli errori fatti dai giudei nei 4 secoli prima di Cristo, di sicuro l’idolatria non è uno di essi.

La disciplina della cattività, l’esempio nobile di Daniele e dei suoi compagni e il lavoro di Ezra e Neemia sanano quel problema per sempre.

Fra le imponenti idolatrie delle potenti nazioni, c’è un popolo piccolo e disprezzato che resta fedele all’unità e alla spiritualità di Dio:
un’oasi nel deserto universale del politeismo.

Il gambo spinoso del giudaismo è divinamente protetto fino a quando non sboccia in fiore nel promesso figlio di Davide e Figlio di Dio e nella sua religione di amore universale.

Viene poi spazzato via per sempre nell’uragano di guerra scatenato da Tito e dalle sue legioni romane.


Le tre principali divisioni della Bibbia ebraica

I. La Legge—Toràh (5 libri)

  1. Genesi
  2. Esodo
  3. Levitico
  4. Numeri
  5. Deuteronomio

II. I Profeti—Nebi’im (8 libri)

A. I primi profeti

  1. Giosuè
  2. Giudici
  3. Samuele (1 & 2)
  4. Re (1 & 2)

B. Gli ultimi profeti

  1. Isaia
  2. Geremia
  3. Ezechiele
  4. Il libro dei dodici (i profeti minori)

III. Gli Scritti—Kethubim (11 libri)

A. Salmi, Proverbi, Giobbe

B. I Cinque Rotoli—Megillòth

  1. Cantico dei Cantici
  2. Ruth
  3. Lamentazioni
  4. Ecclesiaste
  5. Ester

C. Daniele, Ezra/Neemia, Le Cronache (1 & 2)


Le quattro principali divisioni della “Settanta”

(La traduzione greca dell’ebraico)

I. La Legge: Il Pentateuco (5 libri)

  • Genesi a Deuteronomio

II. La Storia (12 libri)

  • Giosuè a Ester

III. La Poesia (5 libri)

  • Giobbe a Cantico dei Cantici

IV. La Profezia (17 libri)

  • Isaia a Malachia
    • A. Maggiore—Isaia a Daniele (5 libri)
    • B. Minore—Osea a Malachia (12 libri)
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