Schema

Introduzione: la più grande produzione letteraria di tutti i tempi

Discussione:

     I. Prologo

 A. La prima scena del tribunale
        B. La seconda scena del tribunale
        C. Il test era senza motivo

    II. I tre amici

       A. Giobbe è impaziente
        B. Le accuse degli amici feriscono Giobbe
        C. Giobbe supplica e si ricorda di Dio
        D. Giobbe vince il dibattito con gli amici

III. La perdita di fiducia peggiora le sue sofferenze

IV. Eliu – un giovane uomo con “tutte le risposte”

V. I discorsi del Signore

       A. Scopo – Ripristinare la fede implicita
        B. Esame concesso a Giobbe
        C. La fede di Giobbe sepolta nella sua autocoscienza

VI. La confessione di Giobbe

VII. Credere e conoscere Dio: non conta nient’altro!

VIII. Perché si deve soffrire? Giobbe è il perché.

 Conclusione: Come si inserisce questo libro nella Bibbia

01 – Introduzione

Questa lezione parte dal presupposto che lo scopo della Bibbia sia la gloria di Dio e la salvezza dell’uomo attraverso Gesù Cristo. Il nostro compito è quello di presentare il messaggio del libro di Giobbe e spiegare come si collega a questo scopo della Bibbia. Il messaggio del libro di Giobbe esprime la gloria di Dio, non solo in modo insolito, ma anche in un modo più vivido e drammatico, e potremmo dire più forte di qualsiasi altro brano biblico. La sua relazione specifica con il tema della salvezza attraverso Cristo è più remota; ma il libro indica senza mezzi termini che Dio ha un piano, che si sta realizzando nella storia e nel tempo, e che ha un significato più grande dei problemi di ogni singolo individuo. Il libro di Giobbe è stato descritto dagli esperti come la più grande produzione letteraria di tutti i tempi. Certamente, il riconoscimento che ha ricevuto come opera letteraria è fenomenale se ci rendiamo conto che gli ebrei, a parte l’ispirazione, non erano conosciuti come un popolo di letterati.

02 – Prologo

Il prologo del libro di Giobbe lo presenta come un uomo di successo con materiali e beni in abbondanza, una famiglia meravigliosa e tutto ciò che oggi considereremmo necessario per una “buona vita”. Segue poi l’ingresso di Satana nel quadro e una descrizione accurata di quella che è il suo compito principale: mettere alla prova le persone. Nel primo “tribunale” descritto, quando Dio elogiò l’azione di Giobbe, Satana accusò Giobbe di servire Dio “a pagamento”. “È forse per nulla che Giobbe teme Dio? (1:9). L’implicazione è che chiunque servirebbe Dio se potesse avere una vita come quella che si stava godendo Giobbe. Per confutare quest’accusa, Dio consentì di mettere Giobbe alla prova, ovvero togliergli tutto: sia i suoi beni materiali che la sua discendenza (i figli).

Attraverso una descrizione drammatica, ciascun servo torna a riferire a Giobbe che la distruzione era arrivata,  ed aveva portato via una parte di ciò che possedeva: “… io solo sono potuto scampare per venirtelo a dire!” (1:19, ecc.). Probabilmente oggi non molti di noi potrebbero sopportare un tale shock come la perdita di tutto ciò che si possiede in questo mondo; specialmente se abbiamo raggiunto la maturità dei nostri anni e abbiamo accumulato molti beni. La nostra fede potrebbe non essere abbastanza forte da sopportare la prova, ma per Giobbe fu diverso. Egli riconobbe che Dio è un Dio sovrano e ha un diritto completo su tutta la sua creazione, e che, in quanto semplice creatura, lui non ha diritto di criticare Dio, indipendentemente da ciò che accade. “Nudo sono uscito dal grembo di mia madre e nudo tornerò in grembo alla terra; il Signore ha dato, il Signore ha tolto; sia benedetto il nome del Signore” (1:21).

03 – La seconda scena

Nella seconda scena del tribunale, Satana chiede a Dio di toccare le ossa e la carne di Giobbe, così che “e vedrai se non ti rinnega in faccia”; e il Signore concede il permesso, chiedendo solo che la vita di Giobbe fosse risparmiata. La malattia di cui Giobbe venne afflitto è ciò che oggi chiamiamo elefantiasi, il cui gonfiore degli arti porta a raggiungere le dimensioni delle zampe di un elefante e la cui carne tanto tenera e dolorosa, fa male persino a esistere. L’apice di questa prova fu quando la moglie di Giobbe gli suggerì di rinunciare a Dio e di morire, ma anche in questa prova così intensa, Giobbe riconobbe la sovranità di Dio e rifiutò di essere critico. Piuttosto disse: “Abbiamo accettato il bene dalla mano di Dio, e rifiuteremmo di accettare il male? (2:10). E con tutto questo, Giobbe non peccò con le labbra.

Notiamo ora che non è stato detto nulla di malvagio da parte di Giobbe, e la messa alla prova della sua fede sembra essere del tutto immotivata, se non per il fatto che può far parte del piano di Dio per l’uomo che la nostra fede venga provata attraverso le prove. Certamente, tutti noi abbiamo prove di questo tipo, in misura maggiore o minore. Abbiamo terminato il prologo e troviamo Giobbe nella situazione di essere sottoposto a grandi prove e stress senza alcuna ragione apparente e senza alcun sollievo in vista.

04 – Gli amici di Giobbe

I capitoli successivi del libro presentano il dibattito fra Giobbe ed i tre suoi amici di lunga data, i quali sono venuti, in quanto amici intimi, per essere d’aiuto, ma che sono così scioccati dalle sue condizioni fisiche che “Alzati gli occhi da lontano, essi non lo riconobbero e piansero ad alta voce; si stracciarono i mantelli e si cosparsero il capo di polvere gettandola verso il cielo.  Rimasero seduti per terra, presso di lui, sette giorni e sette notti; nessuno di loro gli disse parola, perché vedevano che il suo dolore era molto grande” (2:12-13). 

Sebbene gli amici di Giobbe fossero comprensivi, avevano una scarsa filosofia sulla sua situazione e questo fece sì che perdessero davvero la fiducia in lui. Nel corso dei secoli, gli uomini hanno riflettuto sul problema del perché gli uomini debbano soffrire; ed è un problema per il quale i cristiani, così come altri, hanno bisogno di avere spiegazioni. Ci sono molti che soffrono gravemente in questa vita, come ad esempio quelli che sono ciechi o vittima di qualche menomazione, o che hanno molti tipi di afflizioni dolorose per lunghi periodi di tempo. La filosofia umana non è stata in grado di dare una spiegazione esaustiva sul “Perché gli uomini devono soffrire?”, e la nostra visione totale del mondo e della vita sembra non avere una risposta soddisfacente.

Probabilmente la migliore spiegazione che l’uomo abbia mai appreso è quella che ci viene fornita nel libro di Giobbe, e qui ne osserveremo lo sviluppo. Ma la cattiva filosofia dei tre amici di Giobbe è che “la pietà paga, ma la perversità punisce”. In un certo senso la debolezza porta sofferenza alle persone malvagie in questa vita, mentre quelli che sono buoni sono ricompensati con piacere e felicità; ma non è sempre vero, e l’esperienza ci insegna che non c’è un rapporto coerente di causa-effetto tra la bontà e la felicità da un lato e la malvagità e la sofferenza dall’altro.

Spesso è il malvivente che ha più soldi, guida le auto più grandi e ha il funerale più grande; mentre la povera vedova cristiana che è stata fedele per tutta la vita può essere colpita da malattie e disgrazia, e deve soffrire di dolori estremi per un lungo periodo prima di morire, oltre a una vita intera di privazioni.

05 – Il terzo capitolo

Il terzo capitolo si apre con Giobbe che esprime impazienza. Egli maledice il giorno della sua nascita:

Perisca il giorno in cui io nacqui
 e la notte in cui si disse:
 “È stato concepito un maschio!”
 Quel giorno si converta in tenebre,
 non se ne curi Dio dall’alto,
 né splenda su di esso la luce! (3:3-4)

Lui voleva morire:

Perché non morii fin dal seno di mia madre?
Perché non spirai appena uscito dal suo grembo? (3:11)

Giobbe non capisce affatto questa prova, in quanto lui non aveva peccato:

Perché dare la luce all’infelice,
e la vita a chi ha l’anima nell’amarezza?
Essi aspettano la morte che non viene,
la ricercano più che i tesori nascosti.
Si rallegrerebbero fino a giubilarne,
esulterebbero se trovassero una tomba.
Perché dar vita a un uomo la cui via è oscura
che Dio ha stretto in un cerchio? (3:20-23)

Gli amici di Giobbe lo apprezzavano davvero e volevano essere d’aiuto, ma il loro unico pensiero era che, anche se non voleva ammetterlo, era stato malvagio; e che questo fosse la causa della sua sofferenza. Le loro accuse lo ferirono profondamente, perché indicavano che non credevano alle sue affermazioni di rettitudine. Notate le loro sfide precise:

Il tuo timor di Dio non ti dà fiducia,
e l’integrità della tua vita non è la tua speranza?
Ricorda: quale innocente perì mai?
Dove furono mai distrutti gli uomini retti?
Io per me ho visto che coloro che arano iniquità
e seminano tormenti, ne mietono i frutti.
Al soffio di Dio essi periscono,
dal vento della sua ira sono consumati. (4:6-9)

 Ancora:                                                                                                                                       

“Beato l’uomo che Dio corregge!
Tu non disprezzare la lezione dell’Onnipotente. (5:17)

E ancora:

Ma tu, se ricerchi Dio
 e implori l’Onnipotente,
 se proprio sei puro e integro,
certo egli sorgerà in tuo favore
e restaurerà la tua giusta dimora. (8:5-6)

 E in più:

Tu dici a Dio:
“Quel che sostengo è giusto
e io sono puro in tua presenza”.
Ma volesse Dio parlare
e aprire la bocca per risponderti
e rivelarti i segreti della sua saggezza,
poiché infinita è la sua intelligenza!
Perché essi vorrebbero raddoppiare la tua prudenza.
Sappi dunque che Dio esige da te
meno di quanto merita la tua iniquità. (11:4-6)

 Nella risposta di Giobbe ai suoi amici, pur insistendo sulla propria giustizia, alla fine, decise che Dio era ingiusto e iniquo:

Che è mai la mia forza perché io speri ancora?
Che fine mi aspetta perché io sia paziente?
La mia forza è come la forza delle pietre?
E la mia carne è forse di bronzo?
Non c’è forza in me,
la saggezza è stata allontanata da me. (6:11-13)

 Inoltre:

Se ho peccato,
che ho fatto a te, o guardiano degli uomini?
Perché hai fatto di me il tuo bersaglio
a tal punto che sono divenuto un peso a me stesso?
Perché non perdoni le mie trasgressioni
e non cancelli la mia iniquità?
Poiché presto giacerò nella polvere;
tu mi cercherai diligentemente,
ma io non sarò più. (7:20-21)

 In aggiunta:

Dio non è un uomo come me,
perché io gli risponda
e perché possiamo comparire in giudizio assieme.
Non c’è fra noi un arbitro che posi la mano su tutti e due!
Dio allontani da me la sua verga;
smetta di spaventarmi con il suo terrore;
allora io parlerò senza temerlo,
perché sento di non essere quel colpevole che sembro. (9:32-35)

06 – Dio è forse ingiusto?

Con il passare del tempo, il suo atteggiamento sembrò crescere dall’indiscutibile riconoscimento della piena sovranità di Dio a un sentimento di arbitrarietà e ingiustizia di Dio. Dapprima supplicò la misericordia:                                                                                       

Ma io vorrei parlare con l’Onnipotente,
ci terrei a ragionare con Dio… 
Ascoltate attentamente il mio discorso,
porgete orecchio a quanto sto per dichiararvi.
Ecco, io ho predisposto ogni elemento per la causa;
so che sarò riconosciuto giusto. (13:3, 17-18)

Poi si è sentito mistificato:

Gli amici mi deridono;
ma a Dio si volgono piangenti gli occhi miei.
Oh, se si potesse supplicare un uomo presso Dio,
come un uomo supplica il suo prossimo! (16:20-21)

Successivamente si è sentito sopraffatto:

Egli ha allontanato da me i miei fratelli,
i miei conoscenti sono diventati degli estranei per me.
Mi hanno abbandonato i miei parenti,
gli intimi miei mi hanno dimenticato.
I miei domestici e le mie serve
mi trattano come un estraneo;
 ai loro occhi io sono un intruso. (19:13-15)

Poi ha deciso che Dio era arbitrario:

Tutti gli amici più stretti mi hanno in orrore,
quelli che amavo si sono rivoltati contro di me.
Le mie ossa stanno attaccate alla mia pelle e alla mia carne,
non m’è rimasta che la pelle dei denti.
Pietà, pietà di me, voi, amici miei,
poiché la mano di Dio mi ha colpito.
Perché perseguitarmi come fa Dio?
Perché non siete mai sazi della mia carne? (19:19-22)

Non ha nemmeno permesso un incontro:

Per la gran violenza del mio male la mia veste si sforma,
mi si serra addosso come una tunica.
Dio m’ha gettato nel fango,

e rassomiglio alla polvere e alla cenere.
Io grido a te, ma tu non mi rispondi;
ti sto davanti, ma tu non mi consideri!
Ti sei mutato in nemico crudele verso di me;
mi perseguiti con la potenza della tua mano. (30:18-21)

Oh, avessi pure chi m’ascoltasse!

Ecco qua la mia firma!
L’Onnipotente mi risponda!
Scriva l’avversario mio la sua querela! (31:35)

 Ma nonostante questo cambiamento di atteggiamento, Giobbe si ricordava ancora del Dio della sua fede precedente:

Come vive Dio che mi nega giustizia,
come vive l’Onnipotente che mi amareggia la vita, 
finché avrò fiato e il soffio di Dio sarà nelle mie narici,
le mie labbra, no, non diranno nulla d’ingiusto,
la mia lingua non proferirà falsità.
Lungi da me l’idea di darvi ragione!
Fino all’ultimo respiro non mi lascerò togliere la mia integrità.
Ho preso a difendere la mia giustizia e non cederò;
il cuore non mi rimprovera uno solo dei miei giorni. (27:1-6)

Giobbe continuò il suo discorso e disse:

Oh, potessi tornare come ai mesi di una volta,
come ai giorni in cui Dio mi proteggeva,
quando la sua lampada mi risplendeva sul capo
e alla sua luce io camminavo nelle tenebre!
Oh, fossi com’ero ai giorni della mia maturità,
quando Dio vegliava amico sulla mia tenda,
quando l’Onnipotente stava ancora con me. (29:1-5)

 E cercava la vendetta finale:

Ma io so che il mio Redentore vive
e che alla fine si alzerà sulla polvere.
E quando, dopo la mia pelle,
sarà distrutto questo corpo,
senza la mia carne, vedrò Dio.
Io lo vedrò a me favorevole;
lo contempleranno i miei occhi, non quelli d’un altro;
il cuore, dal desiderio, mi si consuma!  (19:25-27)

07 – La comparsa di Eliu

Giobbe vinse il dibattito con i suoi amici, in quanto insistette per tutto il tempo che era innocente e che non aveva fatto nulla di male per meritare questa sofferenza; e nel suo caso, per qualche ragione sconosciuta, l’innocente soffriva, ma non sapeva ancora il perché della sua sofferenza. Né noi conosciamo appieno il perché della sofferenza umana in casi simili oggi. La perdita di fiducia di Giobbe in Dio, ovviamente, ha peggiorato la sua sofferenza. In qualche modo possiamo trarre il meglio da qualcosa di difficile se riusciamo a vedere che ha un significato, ma sarebbe molto difficile sopportare una difficoltà se non riusciamo a vederne il significato o se rimane inspiegabile.

Eliu appare poi nella storia come un giovane “con tutte le risposte”.

Spesso, alcuni dei nostri giovani sembrano pensare di conoscere le risposte, mentre uomini più maturi rimangono perplessi. Per non dire altro nel caso di Giobbe, sembrerebbe che questo aggiungesse insulto a insulto, quando questo giovane “fustigatore” presume di venire in difesa di Dio:

Perché Giobbe ha detto: Sono giusto,
ma Dio mi nega giustizia;
ho ragione e passo da bugiardo;
la mia ferita è incurabile e sono senza peccato”.
Dov’è l’uomo che al pari di Giobbe
tracanni gli empi scherni come l’acqua,
cammini in compagnia dei malfattori e vada assieme con gli scellerati? (34:5-7)

Egli continua:

Ascoltatemi dunque, uomini di senno!
Lungi da Dio il male,
lungi dall’Onnipotente l’iniquità!
Poiché egli rende all’uomo secondo le sue opere,
fa trovare a ognuno il salario della sua condotta.
No, di certo Dio non commette ingiustizie!
L’Onnipotente non perverte la giustizia. (34:10-12)

La filosofia di Eliu, quindi, era la stessa dei tre amici:

Giobbe parla senza giudizio,
le sue parole sono irragionevoli.
Ebbene, sia Giobbe provato sino alla fine,
poiché le sue risposte sono quelle dei malvagi,
poiché al suo peccato aggiunge la ribellione,
batte le mani in mezzo a noi
e moltiplica le sue parole contro Dio. (34:35-37)

 I discorsi di Eliu indicano i prossimi discorsi del Signore e quindi, fungono da transizione.

08 – Dio Risponde

I discorsi del Signore iniziano con il capitolo 38 e hanno lo scopo di ripristinare una fede implicita. Il modo in cui lo fanno è piuttosto notevole quando ci si rende conto dell’intensità del problema di Giobbe e dell’altezza a cui il suo dilemma è stato sollevato nella presentazione fino a quel momento. Il Signore ha iniziato dando a Giobbe una prova:

Cingiti i fianchi come un prode;
io ti farò delle domande e tu mi dovrai rispondere! (38:3) 

In primo luogo, l’esame riguarda la cosmologia e la geologia:

Dov’eri tu quando io fondavo la terra?
Dillo, se hai tanta intelligenza.
Chi ne fissò le dimensioni, se lo sai,
 o chi tirò sopra di essa la corda da misurare?
Su che furono poggiate le sue fondamenta,
o chi ne pose la pietra angolare,
quando le stelle del mattino cantavano tutte assieme
e tutti i figli di Dio alzavano grida di gioia?
Chi chiuse con porte il mare
balzante fuori dal grembo materno,
quando gli diedi le nubi come rivestimento
e per fasce l’oscurità,
quando gli tracciai dei confini,
gli misi sbarre e porte?
Allora gli dissi: “Fin qui tu verrai, e non oltre;
qui si fermerà l’orgoglio dei tuoi flutti”. (38:4-11) 

Il prossimo, in biologia:

Sei tu che cacci la preda per la leonessa,
che sazi la fame dei leoncelli,
quando si appiattano nelle tane
e si mettono in agguato nella macchia?
Chi provvede il pasto al corvo
quando i suoi piccini gridano a Dio
e vanno peregrinando senza cibo? (38:39-41) 

E Dio continua:

Sai quando figliano le capre selvatiche?
Hai osservato quando le cerve partoriscono?
Conti i mesi della loro pregnanza
e sai il momento in cui devono sgravarsi?
Si accosciano, fanno i loro piccini
e sono subito liberate dalle loro doglie. (39:1-3) 

L’esame, naturalmente, fece capire a Giobbe quanto poco sapesse in realtà dei piani e degli scopi di Dio e delle vie di Dio, e che non aveva il diritto di criticare. Inutile dire che fallì miseramente l’esame.

Inoltre, Il Signore continuò a rispondere a Giobbe e disse:

“Il censore dell’Onnipotente vuole ancora contendere con lui?
Colui che censura Dio ha una risposta a tutto questo?” (40:1-2) 

L’esame fece capire a Giobbe che la sua fede era stata davvero sepolta nella propria autostima e che aveva bisogno di un modo per risalire, per avere uno sguardo al di fuori di sé:

Allora Giobbe rispose al Signore e disse:
“Ecco, io sono troppo meschino;
che ti potrei rispondere?
Io mi metto la mano sulla bocca.
Ho parlato una volta, ma non riprenderò la parola;
due volte, ma non lo farò più”. (40:3-5) 

Dopo un ulteriore esame dell’ippopotamo e del coccodrillo, Giobbe si sentì completamente umiliato davanti a Dio, e quando capì che dopo tutto c’è una base per la fede, fece la meravigliosa confessione che si trova nel capitolo 42:

Allora Giobbe rispose al Signore e disse:
“Io riconosco che tu puoi tutto
e che nulla può impedirti di eseguire un tuo disegno.
Tu chiedesti: ‘Chi è colui che senza intelligenza offusca il tuo disegno?’
Sì, ne ho parlato, ma non lo capivo;
sono cose per me troppo meravigliose e io non le conosco.
Ti prego, ascoltami, e io parlerò;
tu dicesti: ‘Ti farò delle domande e tu mi dovrai rispondere’.
Il mio orecchio aveva sentito parlare di te,
ma ora l’occhio mio ti ha visto.
Perciò mi ravvedo, mi pento sulla polvere e sulla cenere”. (42:1-6)

09 – Giobbe si ravvede davanti a Dio

La visione di Giobbe, avvenuta grazie alla prova di Dio, lo liberò dal suo problema e gli permise di dimenticarlo, perché ora si rese conto che Dio è, dopo tutto, ed era sempre stato presente, e che sta elaborando piani e propositi meravigliosi non solo per gli individui, ma anche per l’intera umanità; e che, in ultima analisi, Giobbe era solo una piccola parte del programma totale. Dio non aveva dimenticato Giobbe e nei suoi piani finali aveva un posto per Giobbe; persino la sofferenza di Giobbe aveva un significato nel quadro complessivo, e in questa consapevolezza, lo spirito di Giobbe fu in grado di elevarsi al di sopra delle sue sofferenze.

Quando possiamo credere con fiducia in Dio, conoscerlo ed essere consapevoli della sua vicinanza nella nostra vita quotidiana, quando possiamo renderci conto che Dio ha un piano e uno scopo che si sta realizzando nel mondo e che è consapevole di noi nel nostro programma e che ciò che Egli sta realizzando ha un significato preciso per noi, allora non importa nient’altro. La sofferenza umana non contraddice l’amore di Dio! Il soldato semplice che sta facendo di sentinella, lontano dalle linee del fronte, non potrebbe essere molto contento dei pericoli a cui è esposto quando le granate e le bombe scoppiano intorno a lui, se pensasse che il generale della sua unità militare sarebbe in giro per una festa alcolica e che, dopo tutto, non c’era alcuno scopo reale, che la sua presenza in questo particolare servizio di sentinella non serviva a nulla. Ma può sopportare il compito con molta più grazia se crede davvero che il generale si trovi al suo posto e sta elaborando un’importante fase della strategia militare, e che il dovere di soldato di servizio di sentinella ha un posto importante in questo programma complessivo.

Così l’intero problema della sofferenza si dissolve, nella fede che Dio è, che si preoccupa e che ha un piano che mi include. Il guadagno finale per Giobbe dopo la sua prova è stato un arricchimento spirituale, e questo può valere anche per noi oggi.

Per ogni uomo avere la certezza interiore di Dio e di un rapporto corretto con il Signore è il bene più bello che possiamo avere in tutta la vita; e la vera religione è fidarsi implicitamente di Dio di fronte a ogni prova e a ogni dolore, anche di fronte alla disperazione.

Perché si deve soffrire? Giobbe è il perché. La risposta che Giobbe ha ricevuto è la risposta di cui abbiamo bisogno oggi. La sofferenza ha un senso, e noi dobbiamo essere come Giobbe e accettarla con gioia, se è necessario soffrire.

10 – Conclusione

Come si inserisce la storia di Giobbe nello scopo della Bibbia? Essa glorifica Dio, il Suo posto e il Suo piano, che si sta realizzando. Ci dà motivo di fede in Dio e nel suo piano di redenzione quando verrà presentato in seguito nei passaggi del Nuovo Testamento. Il nostro studio del resto dell’Antico Testamento ci presenta il dispiegarsi del piano e il suo culmine che arriva con la rivelazione di Gesù Cristo e il messaggio del Vangelo che è stato predicato a partire dalla Pentecoste, dove le persone vengono esortate non solo a credere in Dio, ma anche a credere in Cristo come Suo Figlio e Salvatore e a trovare la redenzione e l’unione completa con Dio attraverso la piena realizzazione del suo meraviglioso piano.

Domande

  1. In che modo il Libro di Giobbe esprime la gloria di Dio?
  2. Che tipo di uomo era Giobbe così come viene raffigurato nel prologo?
  3. Indicare brevemente cosa conteneva il primo “tribunale”.
  4. Quale altra cosa chiese Satana nel secondo “tribunale”?
  5. Indicare il nome dei tre amici di Giobbe.
  6. Commentare la filosofia di questi amici riguardo alla condizione di Giobbe.
  7. Giobbe maledisse il giorno della sua nascita?
  8. Giobbe pensò che Dio fosse ingiusto?
  9. Chi vinse il dibattito?
  10. A quale scopo servivano i discorsi di Dio?
  11. Perché le persone devono soffrire?
  12. Come si inserisce il libro nello scopo della Bibbia?

Share

Leave a comment

Your email address will not be published. Required fields are marked *

go top