- Paul Robison
- Febbraio 9, 2025
- 3:31 pm
Dalla morte di Giosuè all’unzione di Saul – Giudici, Ruth, 1 Samuele 1—10
I. LO STATO RELIGIOSO.
La condizione religiosa d’Israele può essere riassunta come segue:
1. Una serie di ricadute nell’idolatria.
Le cause di queste sono le seguenti:
a. I loro antenati idolatri (cfr. Genesi 31:19; 35:2; Giosuè 24:2-14).—L’idolatria era stata abbandonata da Abrahamo ma, attraverso il matrimonio di Giacobbe, era rientrata nella vita familiare; ed anche se Giacobbe aveva sepolto gli idoli, qualche traccia di questo culto probabilmente era sopravvissuta.
b. La cattività egiziana (cfr. Esodo 32:21-34; Giosuè 24:14).—Israele doveva essere profondamente permeato di idolatria, per esserne ricaduto così presto e così in basso ai piedi del Monte Sinai, e il discorso di Giosuè indica in modo concludente che non era stata completamente sradicata dalla disciplina del deserto.
c. La contaminazione delle tribù cananee.—Canaan era il centro della religione più degradata dell’epoca. Da questa Cartagine, la Grecia e Roma hanno assorbito le caratteristiche licenziose presenti nelle loro religioni e per questa ragione viene proclamato l’editto divino di scacciare o sterminare i Cananei. Era per la sicurezza d’Israele. L’iniquità degli Amorei aveva raggiunto il culmine. La religione pura sarà continuamente minacciata dalla mancata ubbidienza all’editto e dai matrimoni misti che seguono.
2. Come risultato una serie di oppressioni.
Queste oppressioni da parte delle tribù vicine sono il risultato naturale di quanto descritto sopra. I moralmente deboli diventano anche politicamente deboli. Inoltre, le oppressioni sono dei giudizi disciplinari. Uno dopo l’altro, gli Israeliti, castigati dai Moabiti o dai Madianiti o dai Filistei, si pentono, voltano le spalle all’idolatria dei loro oppressori e ritornano al culto di Dio. Alla lunga prevale la fede più pura.
3. Una serie di liberatori, chiamati giudici.
Questi non sono uomini idealizzati. Essi stanno molto al di sotto degli eroi della fede cristiana. Spesso sono superstiziosi, passionali e moralmente deboli, ma hanno pur sempre fede in Dio. Questo era già molto per quei tempi. Si ergono al di sopra del livello della propria epoca, come Paolo e Lutero al di sopra della loro, e quindi meritano un posto nell’elenco degli eroi della fede. Inoltre, sono patrioti. In un’epoca di grandi gelosie locali e tribali, essi dimostrano un patriottismo di più ampio respiro. Possono paragonarsi, per il loro tempo, a uomini come Guglielmo Tell o Washington o Garibaldi.
II. LA CONDIZIONE POLITICA.
Politicamente non esiste un’organizzazione nazionale, una capitale della nazione, neanche un capo nazionale. Mosé aveva dato loro un sistema religioso ma nessun sistema di governo politico ben definito. Ci sono dodici tribù, a volte unite per la comune difesa, a volte in lite tra loro quasi al punto di sterminarsi reciprocamente. Si può paragonare la loro condizione a quella della Lega Anglosassone prima dell’unione sotto Egberto. Però sono uniti da tre vincoli per cui non si sfaldano in decine di piccole nazioni, e questi sono:
a. Comuni antenati e una comune storia.
Abrahamo era fondatore della stirpe e condividono un medesimo rispetto per Isacco e Giacobbe. Inoltre, nomi quali Giuseppe, Mosé e Giosuè, e le glorie del Mar Rosso, del Giordano e della conquista sono un’eredità nazionale.
b. Un linguaggio comune, l’ebraico.
Ci sono tracce di dialetti differenti, ma le differenze non si possono confrontare a quelle esistenti in Italia ai tempi di Dante.
c. Una religione comune.
Hanno eretto il tabernacolo a Silo e c’è un solo altare. Il sommo sacerdote della nazione abita lì e lì si fanno i sacrifici nazionali ogni giorno. I rappresentanti delle tribù vi si recano per le tre grandi feste annuali.
Queste sono le forze che lavorano per dar loro un centro unitario. Anche i greci hanno avuto vincoli simili, ma le condizioni geografiche ben presto sviluppano in loro un individualismo così intenso che non riusciranno mai a fondersi in un’unica nazione. Questi vincoli tengono insieme gli ebrei fino a quando non trovano in Samuele, il profeta, e il Davide, il re, una fede più alta e un genio dell’organizzazione politica per saldarli in una nazione.
III. LE SEI INVASIONI PRINCIPALI.
Durante questo periodo, così barbaro ma formativo della vita nazionale, ci sono sei invasioni importanti dall’esterno. Come abbiamo già visto, sono il risultato naturale delle apostasie nazionali e del conseguente giudizio divino.
“Così i figli d’Israele fecero ciò che è male agli occhi dell’Eterno” (Giudici 3:7) e “Poi i figli d’Israele gridarono all’Eterno” (Giudici 3:9):
queste sono le frasi che si alternano, ripetute dieci volte nel libro dei Giudici, e che rivestono la storia di una rilevanza morale. È tutto così intensamente umano quanto un capitolo della storia delle Crociate o della Conquista Normanna; ma il suo maggior significato sta nella disciplina, a cui Israele è sottoposto, per diventare finalmente una nazione il cui Dio fosse solo il vero Dio.
1. L’invasione mesopotamica dall’est.
Ai tempi di Abrahamo abbiamo visto i signori dell’Eufrate estendere il loro impero fino al Giordano e portare via Lot. Sono passati cinquecento anni e un altro signore della grande valle capeggia un’altra invasione. Per otto anni Israele geme sotto il giogo fino a quando Othniel, nipote di Caleb, li incita a resistere e ricaccia gli invasori fino all’Eufrate.
2. L’invasione moabita dal sud-est.
I Moabiti, discendenti di Lot, abitano ad est del Mar Morto. Sotto Eglon, sottomettono le tribù del sud-est e addirittura oltrepassano il Giordano, tenendo inoltre Gerico per diciotto anni. Ehud, un beniamita, va a Gerico per portare ad Eglon il tributo delle tribù. Durante un colloquio segreto, egli accoltella il re, fugge nelle montagne dell’ovest, aduna un esercito, si impadronisce dei guadi del Giordano e in una grande battaglia sconfigge diecimila moabiti. Questo evento porta la pace in quella parte della terra per ottanta anni.
3. L’invasione cananea dal nord.
Giosuè aveva sconfitto al lago Merom la confederazione del nord, capeggiata da Jabin. Sotto un altro Jabin, questi Cananei del nord si riprendono e opprimono le tribù del nord per venti anni. Alla fine Debora, una profetessa con una fede e un coraggio raro, chiama Barak, della tribù di Neftali, aduna un esercito di diecimila uomini e ottiene una grande vittoria nella pianura di Esdrelon. Sisera, il capitano cananeo, fugge a piedi e cerca rifugio nella tenda di Jael, moglie di Heber il Keneo, un discendente di Jethro, il suocero di Mosè. Jael pianta un piolo da tenda attraverso le tempie di Sisera che dorme. La vittoria viene celebrata da Debora in un eloquente canto di battaglia (Giudici 5).
4. L’invasione dei Madianiti dall’est.
I Madianiti erano Arabi, discendenti di Abrahamo e di sua moglie Keturah. Essi non si stabilivano in un paese ma, al tempo della raccolta, lo invadevano, caricavano il bottino e tornavano via. Le loro razzie erano così devastanti che Israele si nascondeva nelle montagne, dietro città murate e perfino nelle spelonche. Dio manda un liberatore, Gedeone, della tribù di Manasse. Gedeone comincia da casa sua, distruggendo il culto a Baal nella casa di suo padre e nel suo villaggio, quindi raggruppa un esercito di trentaduemila uomini ma poi lo riduce a diecimila, permettendo così a quelli che hanno paura di tornare a casa. Riduce ancora di più l’esercito, fino a trecento uomini, scegliendo quelli che al fiume, con estrema cautela, raccolgono l’acqua nelle mani e la lambiscono.
Con questa piccola compagnia, Gedeone attacca di notte e sbaraglia i Madianiti, inseguendoli fino ai confini orientali del deserto. Entrambe queste vittorie, sia quella di Barak che quella di Gedeone, sono ottenute dalle tribù del nord. La potente tribù centrale di Efraim si sente mortificata perché ha avuto solo una piccola parte in queste glorie e Gedeone, con molta abilità, ne placa la gelosia con accorte lusinghe (Giudici 8:1-3).
Gedeone diventa l’eroe del momento. Gli viene offerta la corona, ma la rifiuta. Suo figlio Abimelek, ambizioso ma indegno, uccide tutti i suoi fratelli, tranne uno, e si fa un piccolo regno locale a Sichem, che però dura poco. Sedando una rivolta, perde sia la corona che la vita.
5. L’invasione degli Ammoniti dall’est.
Come i Moabiti, gli Ammoniti discendevano da Lot. Con la conquista del territorio, ad est del Giordano, essi erano stati spinti nel deserto orientale. Molto presto cominciarono a premere sulle tribù dell’est. Jefte diviene lo strumento della liberazione. Egli è un fuorilegge diseredato e di umile origine, ma viene richiamato, reinserito e posto a capo delle forze chiamate a scacciare gli Ammoniti. Prima di uscire in battaglia fa un voto, e cioè che, se vincerà, offrirà a Dio qualsiasi cosa gli si presenti per prima al suo ritorno a casa. Vince la battaglia e, al ritorno, gli viene incontro sua figlia e, su di lei, adempie il suo voto.
6. L’invasione dei Filistei dal sud-ovest.
I Filistei erano un popolo mediterraneo, dedito al commercio e molto aggressivo. Rivali dei Fenici, una volta catturano Sidone che, da allora, retrocede al secondo posto, dietro Tiro, nella Fenicia. I Filistei sono stati i nemici più accaniti degli Israeliti, avendoli attaccati durante tutto il periodo dei Giudici e fino al periodo della monarchia, finché sono di fatto sconfitti da Davide.
Specialmente le tribù del sud, Simeone, Dan e Giuda, sono esposte alle loro razzie. L’ultimo e, per alcuni aspetti, il più singolare di questi eroi militari è stato Sansone, della tribù di Dan. Nasce Nazireo e cioè obbligato da sua madre a non mangiare niente di impuro, a non bere né vino né bevande inebrianti e a non tagliarsi mai i capelli.
È l’Ercole ebreo, che si compiace della sua forza sovrumana, spesso fantastica ma sempre patriottica. Dalla sua casa fra le colline del sud-ovest, fa spesso delle incursioni contro i Filistei sempre da solo e senza aiuto. Due matrimoni successivi con donne filistee gli danno l’occasione sia per le sue vittorie, sia per la sua caduta finale, perché Sansone è sì un gigante, ma anche un uomo debole. Cedendo alle suppliche di Delilah, rivela il segreto della sua forza e, violando il suo voto Nazireo, si lascia tagliare i capelli.
È uno spettacolo umiliante quello di Sansone, il cui nome fa tremare tutta la terra dei Filistei, con la testa in grembo a Delilah. Si allontana da lei e, abbandonato da Dio, cade nelle mani dei suoi nemici. Accecato, imprigionato e condannato a un lavoro servile da donne alla macina, ha l’opportunità di rinnovare il suo voto e riacquistare la sua forza.
Portato dai Filistei ad una festa in onore del loro dio Dagon per divertire il popolo, egli dà la sua vita per la liberazione del suo paese. Tirando giù le colonne centrali, abbatte il tempio, seppellendosi così insieme a migliaia dei suoi nemici.
La potenza dei Filistei non è sconfitta, ma le imprese di Sansone aiutano a risvegliare il coraggio di Israele e aprono la via al lavoro più duraturo di Samuele e Davide.
IV. LA STORIA DI RUTH.
A un certo punto, durante il periodo dei Giudici, accadono gli eventi narrati nel libro di Ruth. È l’unica storia tenera e serena di tutto il periodo. Il libro ha bisogno di essere letto nella sua integrità.
Elimelek e Naomi abitano a Betlemme. La carestia, causata forse da una delle tante invasioni, li costringe a migrare nel paese di Moab. È lì che si sposano i loro due figli. Passano dieci anni e le tre donne sono lasciate vedove e senza figli. Naomi si rivolge verso casa e le due donne più giovani l’accompagnano.
Naomi, comprendendo come sarebbe stata solitaria la vita di queste nuore in un paese straniero e in mezzo ad un popolo non conosciuto, cerca di dissuaderle dall’accompagnarla. Orpah prima esita e poi torna indietro mentre Ruth risponde con delle parole che sono diventate classiche (Ruth 1:16, 17).
Tale fede e devozione non mancano di essere premiate. Raggiunta Betlemme, Ruth va a spigolare il grano nei campi di Boaz, un parente di suo marito. Seguendo le istruzioni di Naomi, Ruth rivendica il diritto del parente di sposarsi per perpetuare il nome e l’eredità di suo marito. Facendo così, diventa un’onorata antenata di Davide, di Maria e di Gesù.
V. SAMUELE, IL PROFETA-GIUDICE. (1 Samuele 1—10)
Samuele è forse il personaggio più importante fra Mosè e Davide. È stato sia il Lutero che il Giovanni Battista del suo tempo. Tutta la sua vita, dalla nascita alla morte, ci solleva dai bassi livelli del periodo.
Anna, che non aveva figli ma che, come tutte le madri ebree, li desiderava, chiede un figlio da Dio e glielo ridona. Perciò Samuele cresce nel tabernacolo di Silo.
Il sommo sacerdote Eli era anche “giudice” a quel tempo. Era il primo a unificare i due uffici in un’unica persona. L’anziano Eli, sebbene lui stesso fosse un uomo puro, senza muovere un dito permette che i suoi figli commettano orribili peccati. Attraverso il bambino, Samuele, Dio rivela la caduta della casa di Eli. Succede durante la famosa battaglia di Afek, dove i filistei uccidono i figli di Eli e catturano l’arca. Eli stesso cade morto quando sente la notizia. Gli anni bui che seguono sono mitigati dalla crescente speranza che Samuele fosse chiamato ad essere il profeta di Dio. Il grande lavoro di Samuele può essere riassunto come segue:
- Instaura una grande riforma nazionale, rinnovando il patto e riportando il popolo ad adorare Dio
- Attaccato dai filistei, ottiene una vittoria così grande a Ebe-Ezer che essi non attaccheranno mai più Israele durante il suo tempo come giudice
- Organizza scuole di profeti
- È “giudice” d’Israele tutta la sua vita
- Prepara la strada per la monarchia e la introduce, ungendo Saul e, dopo che Saul viene rigettato, ungendo Davide. Quindi, Samuele appartiene al periodo di transizione fra i giudici e la monarchia. È l’ultimo e il più grande dei giudici ed è il primo di una lunga catena di profeti ebrei dopo Mosè
I Giudici di Israele:
- L’oppressione della Mesopotamia
- Othniel
- L’oppressione di Moab
- Ehud
- L’oppressione della Filistia
- Shmgar
- L’oppressione di Canaan
- Debora
- L’oppressione di Madian
- Gedeone
- Abimelek
- Tola
- Jair
- L’oppressione di Ammon
- Jefte
- Ibzan
- Elon
- Abdon
- L’oppressione di Filistea
- Sansone
- In 1 Samuele
- Eli
- Samuele